Doping, l’ex DS di Jan Ullrich e Bjarne Riis rompe il silenzio: “Prodotti dopanti nascosti nelle lattine. Quelle volte al Giro…”
Rudy Pevenage confessa pratiche e metodi dopanti nella sua biografia. Colui che per oltre dodici anni è stato direttore sportivo alla Telekom, guidando i vari Bjarne Riis e soprattutto Jan Ullrich alla conquista del Tour de France, aveva sempre rifiutato di parlare del doping nel team. Ma, a quasi 15 anni dalla Operacion Puerto che ne stroncò la carriera ha deciso di affidare ad un libro alcuni dettagli di quel periodo. Niente di realmente nuovo, ammettendo la frequentazione con il dottor Eufemiano Fuentes (una telefonata fatta per la prima volta con il suo telefono durante il Giro 2006 fu tra le prove accusatorie maggiormente probanti) e soprattutto alcuni metodi per eludere i controlli. Sul perché abbia deciso di parlarne ora, spiega di “non avere più paura di reazioni o critiche”.
Nel suo libro dunque racconta di come alcune lattine avessero un doppio fondo per nascondervi le medicine non consentite, oppure di come le sacche di sangue venissero nascoste in grandi buste di latte. Citato inoltre anche l’ex biker Alberto Leon come colui che riforniva i corridori durante le corse. “Il suo nome in codice era Alì Baba – scrive – Con i medici, tra cui Eufemiano Fuentes, avevamo stabilito una lista di corridori da cui doveva recarsi. Faceva le sue consegne sulla sua MTB, con le sacche di sangue accuratamente nascoste in queste buste di latte. Da fuori, sembrava un qualsiasi cicloturista”.
Alle pagine del libro che ha chiamato “Der Rudy” affida anche un ricordo legato al Giro 2001, quando la polizia italiana perquisiva l’hotel in cui alloggiavano i suoi corridori. Il belga riuscì a nascondere molti dei prodotti dopanti prima che fossero scoperti: “Ma, nel panico, ho dimenticato che avevo messo una lattina di Coca con un doppio fondo in frigo. Potevamo svitare la parte superiore per metterci delle medicine, ma grazie a questo sistema non era possibile distinguere la differenza con una lattina normale”.
Nel racconto, o perlomeno nelle anticipazioni, non sembra trovare spazio il pentimento: “All’epoca era qualcosa di banale. Senza doping, sarebbe stato difficile vincere”. Una valutazione che vale non solo per il suo periodo da direttore sportivo, ma anche come corridore, quando confessa di aver fatto a sua volta uso di doping, in quel caso tutto da solo. Nella biografia in uscita domani ammette anche offerte di denaro per vincere gare.
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